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toninScrive: Siamo felici di pubblicare in anteprima un do*****ento veramente molto importante per noi, redatto dalla Pastorale Sociale e del Lavoro, dalla
Commissione Giustizia e Pace e dall'Istituto di Scienze Religiose, con
il contributo e la collaborazione dei partecipanti alla Scuola di
Formazione Sociale e Politica “don Giorgio Pratesi”.
Rappresenta molto bene quel patrimonio di intuizioni che la nostra
Chiesa diocesana ha ricevuto dalla Spirito Santo in questi anni di
impegno nel territorio a fianco della gente. Lo offriamo a tutti voi
come un piccolo e modesto contributo per tutti coloro che lavorano in
ambiti e in territori simili ai nostri.
Diocesi di Locri-Gerace
Commissione Giustizia e Pace
Istituto di Scienze Religiose
Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro
EDUCARE ALLA RESPONSABILITÀ
“I Care”
La Settimana Sociale diocesana e la Scuola di Formazione all’impegno
sociale e politico sono state occasioni per riformulare una riflessione
sul percorso svolto sino ad oggi come Diocesi. Questo do*****ento
rappresenta una sorta di riepilogo di quanto abbiamo appreso in questi
anni dal lavoro nel territorio e sintetizza, inoltre, alcune idee
chiave che ci hanno guidato e alcuni percorsi che intendiamo
intraprendere.
Si tratta, in altri termini, di riformulare un'etica della
responsabilità come vertice e fondamento del nostro agire
quotidiano, in un mondo che cambia e continuamente ci chiede di
riflettere sui “segni” che nascono dal territorio.
Suddivideremo il testo in cinque parti, ben interconnesse: l’analisi;
le alternative; i segni; i percorsi, le proposte,
1. - L’analisi
La ricchezza dell'analisi è certamente una nostra
peculiarità culturale. Dalle relazioni e dai dibattiti della
settimana sociale e della Scuola di Formazione sono emerse molte
suggestioni interessanti; ne riepiloghiamo alcune, senza pretesa di
organicità o completezza.
1.1 - La storia della Calabria influenza il presente. Si tratta
di una storia complessa, composta da vicende contrastanti, una storia
di dominazioni e di contaminazioni culturali che hanno arricchito e
segnato la “personalità” del nostro popolo. Le radici della
cultura occidentale nacquero anche in Calabria, dagli Itali, un popolo
che diede il nome all'intera nazione: l'Italia. Dopo la caduta
dell'Impero Romano, la Calabria rimase per secoli sotto il dominio di
Bisanzio (che lasciò tracce indelebili nella cultura e nella
spiritualità della Regione) anche se subì numerose
incursioni di Arabi e Longobardi. Poco dopo l'anno mille arrivarono i
Normanni e poi gli Svevi; con Federico II si creò a sud uno dei
regni più avanzati e civili al mondo, incrocio di culture
diverse (occidentale, islamica, greco-ortodossa). Seguì il
feudalesimo degli Angioini e, tra incursioni di Turchi e Saraceni, si
susseguirono gli Aragonesi, gli Spagnoli, e infine i Borboni.
Quest'ultimi fecero del Regno delle Due Sicilie, una nazione vivace e
interessante, tra le più avanzate nella penisola (anche se la
Calabria rimase ai margini ), con uno sviluppo stroncato dalla forzata
annessione all'Italia.
1.2 - La storia ci ha lasciato in eredità tesori culturali e
umani forse non ancora abbastanza valorizzati, ma ha anche segnato
la coscienza collettiva del nostro popolo. Ad esempio, l'idea del destino,
ovvero la convinzione che “tutto è sempre stato così,
è così e sarà sempre così, e che qualunque
cosa si faccia non cambierà mai nulla”, nasce dalle nostre
radici. Come anche il fenomeno del “baronaggio”, inteso come
forma istituzionale e culturale, presente nella coscienza sociale del
Calabrese: per cui il barone deve provvedere al governo, è lui
il potere-per-me, in quanto in grado di soddisfare immediatamente il
bisogno “primario” che gli presento, giustizia compresa.
D'altro canto, però, questa stessa storia e il sincretismo
culturale che ne consegue, così come la posizione geografica
della nostra regione, ci porta, come Calabresi, a ricoprire un naturale
ruolo di dialogo tra religioni e culture del Mediterraneo, che gli
avvenimenti dei nostri giorni testimoniano essere sempre più
urgente e vitale per il futuro della stessa Europa.
1.3 - Accanto ai numerosi aspetti positivi vi sono, però,
numerose peculiarità negative che dobbiamo decisamente
contrastare e superare. Nei nostri territori non sempre viene
valorizzato chi è professionalmente competente o umanamente
capace, bensì chi è in grado di esibire una
chiara appartenenza a gruppi in grado di scambiare fette di potere,
capaci di influenzare in varia misura i nodi della vita quotidiana di
ciascuno. L'appartenenza può essere ad un determinato gruppo
politico, alla massoneria, alla 'ndrangheta, ad una famiglia, ad un
papà o ad un parente “che conta”, ad un uomo di potere, a uomini
di Chiesa. L'appartenenza conta più della competenza:
questa è l'amara constatazione di molti giovani che per sentirsi
sufficientemente valorizzati nelle proprie capacità spesso
preferiscono emigrare. Ciò determina la cosiddetta “fuga delle
risorse umane” - ad esempio studenti che si recano in Università
fuori regione e che non rientreranno più – che rappresenta la
più grande ipoteca sul nostro futuro.
1.4 - Il clientelismo è dunque un percorso di
“sopravvivenza” in una realtà pervasivamente dominata da queste
logiche. Spesso, molte situazioni costringono la nostra gente, specie i
giovani, a scegliere l’amara strada della clientela. Amara ma
più rapida. Perciò, diventa clientela: avere un
certificato, curarsi, superare degli esami, ottenere un'autorizzazione,
un finanziamento, una pensione, vincere un concorso, ottenere un lavoro
da un privato, ricevere un prestito, entrare in una scuola, partecipare
ad un corso di formazione, avere un prestito in banca. Così ogni
occasione è buona per dir grazie a qualcuno, sia che uno abbia o
non abbia titolarità ad ottenere ciò che chiede.
Ovviamente questo viene accentuato dalla latitanza di regole
controllate ed applicate, nonché dalla mancanza di un'etica
della pubblica amministrazione.
D'altro canto la famiglia, con i suoi forti legami primari,
è anche luogo di controllo sociale e d'iniziazione a questo
sistema clientelare, sopprimendo spesso la creatività e la
libertà innovatrice dei giovani.
1.5 – Esiste una scarsa responsabilità sul lavoro,
soprattutto nel settore della pubblica amministrazione, spesso anche
troppo tutelata dai Sindacati, a scapito degli stessi utenti, che
diventano di fatto succubi dei capricci di chi ritiene di non dover
render conto a nessuno. In questa logica, desta sempre preoccupazione
in tutti noi la poca efficacia nella difesa del territorio, in termini
imprenditoriali, degli operai idraulico-forestali, gestiti dall’AFOR.
La resa in proporzione al numero è quasi irrilevante.
Inoltre, vi è anche poca professionalità e competenza,
pur con le dovute eccezioni che fortunatamente sono sempre più
numerose, in tutti gli ambienti, specie nei giovani professionisti
immessi nelle strutture di servizio.
1.6 - La modalità di fare politica è stata
assimilata a quella dei “clan”. Non è, infatti,
l'omogeneità ideologica a definire le appartenenze, bensì
le alleanze, le spartizioni, il collateralismo, che si
riflettono negativamente poi nella gestione e nella dirigenza dei
più importanti enti pubblici. Spesso la carriera politica
è subordinata alla capacità di creare “vincoli e
dipendenze” in ogni ambito e settore, e non certamente alle
competenze di buon governo. Il sistema elettorale attuale, che fa in
modo che i candidati alle elezioni politiche siano scelti dalle
segreterie di partito e non dal territorio, ha peggiorato ulteriormente
la situazione.
Sul fronte opposto gli elettori non riescono ancora ad
esprimere un consenso veramente libero. E' evidente come tanti
siano scontenti delle Amministrazioni pubbliche, ma nello stesso tempo
la maggioranza di essi sono proprio coloro che hanno votato i governi
in carica.
Questa considerazione non va frettolosamente liquidata con un giudizio
di tipo morale sulla capacità democratica della nostra gente.
Ricerche condotte dall'Università di Cosenza testimoniano come
la Calabria sia la regione in Italia con il più alto tasso di
“voti di preferenza”. La figura viene quindi chiaramente “premiata”. Ma
è stato anche rilevato che, se il candidato si sposta su un
fronte politico opposto, il numero di voti di preferenza lo segue senza
risentire della scelta operata. Questo testimonia un legame che in
certi casi si può trasformare in un evidente assoggettamento
personale, che cela situazioni di grande dipendenza su questioni vitali
per la gente e fa venir meno una piena “libertà democratica”.
1.7 - In questo fertile humus si incunea la presenza pervasiva
della 'ndrangheta che, assurgendo a “perverso garante della
dignità” di giovani e di intere classi popolari, li seduce con
l'illusione di un falso “rispetto” fondato sulla paura e sul
guadagno facile.
Ma altrettanto temibile e totalizzante è la presenza della massoneria,
che detiene un grande potere e senza aver bisogno di mantenerlo con la
violenza, ma semplicemente “manutenendo” le reti clientelari di cui
parlavamo sopra. La massoneria “assegna” i prestigiosi “posti pubblici”
e controlla i nodi chiave della vita quotidiana di ciascuno attraverso
il funzionamento della cosa pubblica.
1.8 - Accanto a questi fenomeni, specifici dei nostri territori, si
pone anche la tendenza culturale generale che sta accelerando i processi
di personalizzazione nella società, nella politica, nella
famiglia. Questi si manifestano nella tendenza a curare il bene
individuale a scapito o indipendentemente da quello comune, a
relativizzare su base personale l'etica e le visioni del mondo,
piuttosto che aprire un confronto sociale per una ricerca sincera e
nonviolenta della verità. Ben comprendiamo che tali aspetti sono
il presupposto fondamentale di ogni agire politico e dunque
l'individualismo, con le sue conseguenze, è il peggior cancro
della politica.
2. - le Alternative
2.1 - «Allora il Signore disse a Caino: "Dov`è Abele,
tuo fratello?". Egli rispose: "Non lo so. Sono forse il custode di mio
fratello?".» (Gn 4,9)
“Dov'è tuo fratello?”: è così che Dio
ci chiede conto di ogni nostro fratello, in particolare delle
vittime, delle persone emarginate. La Responsabilità nasce nel
cuore di Dio e diviene dovere per gli uomini. Ogni giorno Egli ci pone
questa domanda. Chi risponde come Caino “Sono forse il custode di
mio fratello?” non ha compreso la volontà di Dio, come chi
nei nostri territori “si fa i fatti propri”, si lamenta ma poi non
muove un dito fino a quando i problemi non riguardano lui o la sua
famiglia. Ed è proprio da qui che nasce la Responsabilità
cristiana. Il dovere di una risposta che ne consegue ci obbliga
innanzitutto ad essere “sentinelle” di Dio, che seguono le vicende del
territorio e del mondo intero, e poi ci conduce a “immischiarci” in
tutto ciò che causa sofferenza ed ingiustizia, anche se queste
non ci toccano direttamente.
2.2 – «Il Signore impose a Caino un segno, perché non
lo colpisse chiunque l`avesse incontrato.» (Gn
4,15b)
La responsabilità, la ricerca della giustizia, ovvero la
costruzione del Regno di Dio non avviene senza il perdono,
non solo quello personale, ma anche quello sociale, di classe,
politico, religioso.
“Nessuno tocchi Caino!” è il grido che parte dal cuore di
Dio. La mancanza di perdono invece fa degenerare l'impegno sociale e
politico in una sorta di “manicheismo farisaico”... che impedisce di
assumersi la complessità dei percorsi umani, spesso così
complessi da essere inestricabili, misti di male commesso e ingiustizie
subite, di intenzionalità e condizionamenti. Il “perdono
sociale” nasce dalla speranza, che a suo volta si fonda sulla fede
nella potenza di Dio di orientare la storia degli uomini e dei singoli.
Il perdono si fonda sulla convinzione che un uomo non è solo
ciò che “è stato” ma è anche ciò che
“potrebbe diventare” con la nostra saggezza e il nostro amore. E' un
cammino difficile ma indispensabile nell'impegno sociale e politico.
Per questo, il passo che separa integrità morale e moralismo,
correttezza nell'agire e immobilismo, ricerca della giustizia e
desiderio di vendetta, correzione fraterna ed esclusione sociale di chi
ha sbagliato, è veramente breve.
2.3 - E' questo il percorso che deve muovere l'impegno sociale e
politico. Un percorso che ha caratterizzato tutta l'incarnazione e la
vita di Gesù di Nazareth. A chi vuol seguire il
difficile ma affascinante cammino di una politica che si ispira
alla figura di Gesù Cristo noi proponiamo alcuni sentieri da
seguire.
2.4 - A livello nazionale e ancor di più in questo contesto
difficile, anzi proprio per questo, si sta sviluppando un crescente
bisogno di vera Politica.
Riteniamo che nel mondo politico non tutte le condotte dipendano
esclusivamente dalla sete di potere o dall'individualismo. Crediamo
invece che molto dipenda dalla scarsità di riferimenti da
seguire: non solo riferimenti etici in senso astratto e neanche solo
testimonianze di vita, ma di una sintesi vera e profonda di questi due
aspetti. In una sola parola mancano “maestri” da seguire, capaci
di offrire contemporaneamente proposte “alte”, che si stacchino dal
fango dell'ineluttabilità dell'attuale sistema socioeconomico e,
nello stesso tempo, che abbiano la maturità di non rifiutare le
sfide e le contraddizioni che pone la realtà quotidiana.
2.5 - Il cammino di emancipazione politica, soprattutto al sud,
non può che essere comunitario e radicato nel territorio.
E' necessario far gruppo, condividere insieme ad altri la passione per
il cambiamento e, nello stesso tempo, essere profondamente radicati nel
territorio e nei bisogni concreti e quotidiani delle persone, non per
rimanervi impigliati – come dicevamo prima - ma per mantenere sempre
vivo il volto e la voce di coloro per cui ci si impegna.
2.6 - Va assunto un forte senso di responsabilità
(“I care” di don Milani) nei confronti di qualunque cosa intacchi la
dignità delle persone, di chiunque, anche di chi non
“appartiene” al nostro gruppo, al nostro partito, alla nostra
classe sociale, alla nostra Chiesa, anche di chi ha sbagliato e
continua a sbagliare... Contemporaneamente la responsabilità
acquisita non deve divenire “scalino” per consolidare il proprio potere
personale. La nostra reazione nei confronti di chi ci trascura, ci
ignora o ci disprezza è sicuramente una preziosa spia che ci
indica se il nostro potere è vissuto come servizio o come
privilegio. Il potere non cambia l'uomo, semplicemente lo rivela.
Ecco perchè è importante seguire ciò che ci dice
Gesù «Così anche voi, quando avrete fatto tutto
quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili.
Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.» (Lc
17,10).
2.7 - Nella scia di questo spirito di servizio va certamente
rivitalizzata una “militanza di partito” vissuta nella gratuità
e nella sobrietà.
L'appartenenza politica deve partire da una visione del mondo che
consideriamo ottimale (per tutti, non solo per noi) e che pertanto
cerchiamo di far divenire realtà attraverso un progetto
politico. Non deve invece rappresentare il “mercato” dove
“acquistare” potere e privilegi personali.
2.8 - La Croce e la Resurrezione di Cristo sono i
riferimenti cardinali di questo modo rinnovato di fare politica. La Croce
ci consente di accettare le inevitabili sofferenze che questo percorso
ci procurerà, dentro strutture di peccato consolidate come
quelle che abbiamo considerato. Maria attraverso il Magnificat ci
insegna, però, che la Resurrezione ci è
indispensabile per mantenere viva l'irragionevole e insensata certezza
che alla fine, da lei cantata con stile profetico:
“i superbi saranno dispersi nelle pianificazioni astute del loro
cuore,
i troni dei potentati locali e nazionali saranno rovesciati,
gli umili che elemosinano clientele sapranno esigere i propri diritti,
verranno ricolmati dei beni della nostra terra coloro che hanno
lavorato onestamente
e verranno mandati a mani vuote coloro che hanno succhiato le risorse
pubbliche e naturali dei nostri territori.” (cfr. Lc 1,51b-53).
3. - i Segni
3.1 - Quanto qui viene affermato è frutto naturalmente di un
cammino che la nostra Diocesi sta percorrendo in comunione con
altre Chiese e altri cristiani, in collaborazione con gruppi,
istituzioni e uomini di buona volontà. Nella nostra terra ogni
disponibilità va colta e non sprecata, ogni spiraglio di luce va
incoraggiato, ogni collaborazione valorizzata (purché non sia
chiaramente strumentale), evitando di evidenziare distanze e
conflittualità spesso formali e non sostanziali. È
impensabile e illusorio un cambiamento che non passi attraverso il
fuoco purificatore della comunione. Per questo è fondamentale
attivare azioni e iniziative che producano fiducia reciproca,
soprattutto tra chi ispira la propria azione a principi e valori comuni.
3.2 - Numerosi sono i segni posti durante il nostro percorso,
alcuni dei quali sono stati recepiti anche da territori più
ampi:
- numerosissime cooperative e imprese nate e consolidatesi
nella Diocesi, tra cui tutte le esperienze nate dal Movimento giovanile
Salesiano;
- il progetto Crea Lavoro, che ha accompagnato più
di 300 giovani verso l'auto-intrapresa, singola e cooperativa,
ha consentito l'acquisizione di competenze e metodologie innovative per
la promozione d'impresa, ha offerto assistenza anche attraverso il sito
internet www.crealavoro.org;
- la cooperativa Valle del Bonamico, che sta costruendo
alternative di onesto lavoro in realtà a forte presenza mafiosa
e a favore di persone che hanno scontato pene carcerarie; accanto ai
frutti di bosco iniziali si sono aggiunte numerose altre iniziative
come i Progetti di Filiera dell'olio e le Strade del Vino;
- il Consorzio Sociale GOEL, formato da 10 cooperative e
associazioni sociali del territorio, che, superando diffidenze e
divisioni, si sono unite insieme per promuovere l'integrazione delle
persone svantaggiate, la giustizia sociale e lo sviluppo locale;
- BottegaSolidale.com (www.bottegasolidale.com), un
grande emporio nazionale di commercio equo e solidale su internet, che
promuove l'economia sociale e consente alle cooperative sociali e a
quelle nate dal Progetto Policoro di trovare uno sbocco di mercato a
livello nazionale;
- iniziative di accessibilità al credito, come il Fondo
di Rotazione diocesano, la Fondazione Antiusura, ed infine
la Fondazione San Bruno, promossa dall'Episcopato
Calabrese ed espressione del Progetto Policoro Calabria;
- scambi e rapporti di reciprocità con il Nord
d'Italia (Trentino, Triveneto, Milano, ecc.) e con il Sud del mondo
(Diocesi di Cali in Colombia);
- le riflessioni nate da tutte le Settimane Sociali Diocesane,
a partire dall’ormai famoso tema “Osare il Lavoro”, da cui
nacquero le intuizioni che ci hanno consentito di arrivare ai risultati
odierni;
- l'Istituto Diocesano di Scienze Religiose che continua a
formare ad una Pastorale incarnata nel territorio, a vari livelli, con
interventi mirati di formazione di base;
- le iniziative, promosse dalla Commissione Giustizia e Pace, per
diffondere una cultura di legalità, solidarietà,
nonviolenza, pace come: la Giornata diocesana della Pace (che
fa eco al Messaggio annuale del Papa); la Giornata in ricordo delle
vittime della violenza e la Preghiera itinerante per una
riflessione sul valore della Vita e della Pace; le rubriche,
sull’Avvenire di Calabria, “Educare alla Pace”e “L’Angolo
delle Responsabilità”; la collaborazione con alcune
amministrazioni comunali per la stesura ed approvazione dello Statuto
comunale e per l’istituzione del Difensore civico, quest’ultima, in
particolare, ha consentito un interessante dibattito in altre
realtà regionali (Veneto , Puglia..)
- la Scuola di Formazione Sociale e Politica “don Giorgio
Pratesi” che ha riscosso un buon successo di pubblico ed ha aperto
interessanti prospettive di approfondimento;
- il rapporto di solidarietà apertosi tra la nostra Diocesi
e quella di Cali in Colombia - dove il 16 marzo 2002 è
stato assassinato il Vescovo, mons. Isaias Duarte Cancino - ci ha
donato la testimonianza della Comunità “Semilla de Mostaza”
e di uno splendido lavoro di animazione e partecipazione popolare che
sta divenendo per noi un prezioso riferimento e modello di lavoro;
- Riace Village con l'esperienza di turismo sostenibile che
ha portato tantissime persone a scoprire la nostra terra e la nostra
cultura, con la grande opera di accoglienza e integrazione sociale dei
profughi;
- e tantissimi altri segni certamente non meno importanti
di quelli sopra elencati.
4. - i Percorsi
4.1 - L'educazione alla Responsabilità è il cuore
dell'impegno che si profila dinanzi a noi. Come dicevamo, infatti, non
è pensabile un cambiamento indotto da pochi senza la
partecipazione attiva della gente. Nella nostra Diocesi
sicuramente tanto è stato fatto sul versante pastorale e
sociale, ma cogliamo ancora la fatica ad innescare dinamiche di cittadinanza
attiva che rendano la gente veramente protagonista dei
processi di cambiamento, proprio a partire dalle aree più
periferiche e marginali. La gente continua a beneficiare delle
innumerevoli iniziative di promozione sociale e di lotta alla
disoccupazione, ma abbiamo l'impressione che da ciò non
riesca a ricavare un'adeguata coscienza politica che scalzi i
meccanismi clientelari locali. È questo il motivo per cui
quest'anno abbiamo riflettuto sui temi della partecipazione e
della cittadinanza attiva, in particolare sotto il profilo delle nuove metodologie
di animazione pastorale e sociale possibili. E sono scaturite
preziose indicazioni utili, da “sperimentare” sul campo, e che
avremo modo di approfondire nei mesi futuri.
4.2 - Il senso di Responsabilità è dunque il motore
principale del cambiamento. Don Milani lo sintetizzava con l'ormai
celebre “I Care”. A noi piace utilizzare la figura biblica del “Goel”
che letteralmente significa il “liberatore”, il “riscattatore”. Goel
era colui che di fronte ad una situazione di violazione della
dignità umana “prendeva a cuore” la sorte del malcapitato, pur
non essendo un parente, pur non condividendo alcuna appartenenza
con lui, se non quella di essere figli di un unico Dio.
4.3 - Dalla ricca esperienza dei nostri fratelli colombiani abbiamo
appreso alcuni elementi metodologici importanti. Innanzitutto nessun
processo di partecipazione attiva, e quindi di cambiamento, può
essere attivato senza consolidare un genuino senso di auto-stima.
“Bevi l`acqua della tua cisterna e quella che zampilla dal tuo pozzo“
(Prv 5,15) ci dice il libro dei Proverbi. Non si
tratta di auto-esaltazione, né di presunzione, ma semplicemente
della consapevolezza di valere agli occhi di Dio e a quelli degli
uomini, di avere delle capacità, dei carismi, che magari i
percorsi duri della vita non hanno consentito di esprimere appieno; talenti:
vari nelle forme e nelle manifestazioni, ma che certamente sono
presenti, anche se covano nella cenere e vanno valorizzati al servizio
della comunità e della famiglia umana. La logica
dell'appartenenza riteniamo che abbia inferto un colpo profondo al
senso di auto-stima di intere generazioni di Calabresi, anche ad un
livello individuale e psicologico. La Calabria ha un immenso
bisogno di auto-stima anche come popolo, come corpo sociale. I
Calabresi sono un popolo che ha patito un grande senso di
inferiorità storico, che - senza andare troppo lontano nel
tempo - si è certamente alimentato delle sofferenze di
un'emigrazione di massa, spesso vituperata nei paesi ospitanti, si
alimenta dell'immagine stereotipata continuamente offerta dai
mass-media nazionali, del separatismo volgare di alcune formazioni
politiche, della disoccupazione e dell'assistenzialismo forzato,
dell'inefficienza della pubblica amministrazione, dei carenti servizi
sanitari.
4.4 - Il senso del “destino”, dell'ineluttabilità,
sigilla e consacra nel tempo questo senso di inferiorità
storico. È dunque urgente non solo valorizzare ciascun
individuo, ma ridare ad un popolo l'orgoglio del proprio valore,
della propria cultura, delle proprie tradizioni, delle proprie
peculiarità, in una sola parola della propria “tipicità”,
in un percorso che, partendo dall'emarginazione, attraverso il
recupero della propria identità, riscopre infine la propria
tipicità. È impossibile costruire uno sviluppo
socioeconomico dal basso senza una sufficiente auto-stima individuale,
senza la coscienza di valere come popolo, senza
l'individuazione di una propria tipicità positiva.
4.5 - Per gli animatori pastorali e sociali è altresì
indispensabile – come ci dicono i nostri amici della Colombia - “disimparare
per imparare”. Solo “disimparando” i propri pregiudizi, le proprie
visioni stereotipate, è possibile entrare nel cuore di
un popolo senza giudicarlo, guidandolo con un senso di profondo
rispetto e condivisione. In altri termini ci si chiede: cosa viene
prima la conoscenza o l'amore per un popolo? Cristo ci
testimonia che non ci si “incarna” se prima, senza porre
condizioni, non si ama un popolo in modo smisurato; ma nello stesso
tempo non si può amare fino in fondo senza “incarnarsi”,
senza “compromettersi” con esso, aumentando la conoscenza
attraverso la condivisione dei percorsi quotidiani di vita. In
questa dinamica vi è tutta l'essenza e il patrimonio della
missionarietà cristiana, cuore della crescita, sia in campo
culturale che ecclesiale.
4.6 - L'amore e la condivisione conducono poi ad una guida e ad una
pastoralità che si esprime attraverso l'accompagnamento.
E' facile indicare le direzioni senza percorrerle, molto più
complesso è camminare insieme a colui che si guida, assumendosi
tutte le contraddizioni di un percorso che spesso mette a dura prova le
visioni manichee e dogmatiche, ma in compenso invera e rende
concretamente proponibile ogni valore evangelico, come ben significato
dalla splendida icona evangelica di Emmaus, che ci ha sempre sostenuto
nel nostro cammino di credenti.
4.7 - L'educazione alla responsabilità e i processi di riscatto
del nostro territorio non possono essere concepiti senza la donna,
che, nei nostri territori, ancora non è stata definitivamente "catechizzata"
alle logiche dell'utilitarismo e dell'ineluttabilità. È,
infatti, abbastanza libera dalle radicate reti di potere presenti e
dunque riesce ancora a sognare una nuova Locride, a “perdere tempo”
dietro iniziative di cambiamento. Non è un caso che nella
nostra terra, più dell'80% delle cooperative, delle
associazioni, dei movimenti ecclesiali, sia formato da donne che ancora
riescono a scommettere sul Regno di Dio.
È necessario riflettere ulteriormente sul ruolo che la donna
può e deve giocare nell'educazione alla responsabilità,
sia all'interno della famiglia che della società civile. E’
triste, a esempio, vedere come nella politica, anche quella
amministrativa locale, le donne siano ancora una sparuta minoranza.
Una Calabria “governata” dalle donne, proprio perché di fatto
più partecipi degli uomini, potrebbe imprimere una svolta
realmente innovativa per i nostri territori.
4.8 - Siamo comunque consapevoli che il cambiamento è un
processo (non un progetto e meno che mai un'azione) che viene
promosso sempre da una piccola parte della Chiesa e della
società, parte che i sociologi definiscono “minoranza attiva”
ma che a noi piace evocare con il nome di “primizia”. La primizia
infatti è segno di un cambiamento in atto, che si manifesta in
piccole “dosi”, ma preannuncia una stagione di frutti molto più
diffusi e rigogliosi. La primizia non è elitaria, ma
anticipatrice, non è solo segno ma è già frutto
concreto.
Un'altra immagine è quella del granellino di senape, “Semilla
de Mostaza” - come dicono i fratelli colombiani -, che prefigura un
Regno capace di accogliere tra i suoi rami un popolo “spezzato”
dalle strutture di peccato.
4.9 - Come individuare una primizia nascosta nel territorio? Come
disintossicarsi dalla logica dell'ineluttabilità? Come trovare
il coraggio di affrontare strutture di peccato e di potere così
potenti e apparentemente inossidabili? Solo irrobustendo la “vista”
del proprio cuore attraverso la preghiera, la meditazione
biblica e la formazione spirituale. I nostri occhi saranno
così capaci di scorgere i segni di un sicuro cambiamento, anche
dove apparentemente sembrerebbe non esserci traccia. Solo così
ci si procurerà la folle e santa audacia necessaria ad
affrontare i Golia del nostro territorio. Solo così
chiameremo “fede nell'opera storica del Dio vivente” ciò
che altri chiameranno “imprudente ingenuità”.
4.10 - Nei nostri percorsi di questi anni ci hanno sempre aiutato i rapporti
di reciprocità: a nord (Italia) e recentemente a sud
(mondo). Consapevoli del nostro valore, con una storia e
un'identità forte alle spalle, abbiamo potuto confrontarci con
il nord mai delegando la “regia” del nostro cambiamento, ma
sapendo innestare un'utilissima sussidiarietà. Abbiamo
comunque avuto la grazia di trovare nei nostri interlocutori sempre
rispetto e capacità di rimettere in discussione pregiudizi e
luoghi comuni. Essere sud dell'Europa, in una Calabria cerniera e frontiera
tra nord e sud del mondo, ci ha invece profondamente aiutati nei
rapporti con il sud del mondo, in particolar modo con la Chiesa della
Colombia. La grande dignità e sofferenza di questo popolo
viceversa ha molto da offrire ai nostri percorsi e già sta
rendendo particolarmente fertili alcune intuizioni che essi da anni
praticano.
4.11 - Mons. Isaias Duarte ci ha testimoniato che, pur non
ricercandolo, vi deve sempre essere una disponibilità al martirio.
In alcune situazioni, solo questa disponibilità a mettere la
propria vita completamente nella mani di Dio ci consente di essere fedeli
alla costruzione del suo Regno. Prima del Martirio vero e proprio, come
già dicevano i Padri della Chiesa, vi sono altri martiri
quotidiani da accogliere con amore: l'incomprensione, la delazione, gli
attacchi incrociati che fanno ancora più male quando provengono
da chi sta dalla stessa nostra parte, la marginalità a cui si
viene confinati quando non si accettano giochi e scambi di potere, le
lettere anonime, la paura per sé e per la propria famiglia, il
lavoro a volte massacrante, la quasi totale espropriazione del proprio
tempo, i sensi di colpa nei confronti della propria famiglia, la
continua ed esacerbante mediazione di conflitti tra individui e tra
gruppi, i biechi interessi di chi apparentemente si presenta come
proprio compagno di viaggio, i tradimenti, la doppiezza, gli abbandoni
opportunistici, ecc.
5. - le Proposte
Il grande obiettivo dei prossimi anni è la partecipazione,
ovvero passare dalla logica delle Primizie a quella di un
coinvolgimento più ampio della gente nei processi di
cambiamento, valorizzando i talenti di ciascuno. Dalla Settimana
Sociale e dalla Scuola di Formazione sono emerse alcune proposte che
vanno in questa direzione.
5.1 - La formazione costante e continua è l'alimento
principale di chi si impegna nel sociale e in politica. E' ormai
dimostrato come – a partire dai partiti – il tasso di corruzione
è indirettamente proporzionale al tasso di formazione
esistente. La formazione (curata, non monotona ma stimolante e
partecipata) ci consente di essere soggetti di una
trasformazione del territorio e non oggetti di logiche
predeterminate e apparentemente ineluttabili. In quest’ottica, un posto
rilevantissimo va assegnato alla Scuola, come spazio educativo
primario e fondante. Ma anch’essa, va sempre collegata al nostro
territorio, va resa fattiva nelle dinamiche di animazione, con forte
senso critico.
5.2 - I Consigli Pastorali parrocchiali possono divenire un
importante ambito di partecipazione cristiana. Sono il luogo dove tutta
la Chiesa locale dovrebbe essere rappresentata e dove è
possibile rileggere alla luce della Parola di Dio, fatti e avvenimenti
che non riguardano solo la comunità cristiana, ma il bene
comune di tutto il territorio. Il metodo è sempre quello di
raccogliere fatti e avvenimenti, rileggerli alla luce della Parola e,
infine, porre dei segni in relazione a quanto è accaduto, sempre
nella logica del Regno di Dio che viene.
5.3 - I gruppi e i movimenti debbono divenire meno
autoreferenziali, costruendo, pur nella diversità di carismi,
una forte comunione e un reale radicamento con il resto della Chiesa
Diocesana e col territorio. Non esiste percorso spirituale o educativo
o di volontariato che possa prescindere da quanto accade nel
territorio. Ognuno con il proprio metodo e con i propri percorsi deve
lasciarsi interrogare, influenzare e rimettere in discussione dai
drammi e dalle sofferenze del nostro popolo, considerati non solo dal
punto di vista personale ed esistenziale, ma anche storico e sociale.
Ad esempio, chiediamoci: la disoccupazione, il clientelismo e la
corruzione, influenzano profondamente il percorso educativo o la
preghiera o il modo di far volontariato? Certamente dovrebbero, ma se
così non è la nostra evangelizzazione diviene
insignificante, incapace di parlare alla gente del nostro territorio.
Quale conversione cristiana autentica non si lascia, infatti,
interrogare dalla storia che ci gira intorno?
5.4 - La cooperazione sociale di tipo B, se
autenticamente concepita, è un grande modello di imprenditorialità
cristiana, in quanto realizza e sintetizza felicemente molti
insegnamenti evangelici e della Dottrina sociale della Chiesa. Ma la
cooperazione sociale di tipo B è anche una vera risposta al
bisogno di sviluppo socio-economico del nostro territorio. Vi sono, in
particolare, tre caratteristiche che la rendono significativamente
adatta al nostro sviluppo locale: 1. una cooperativa sociale
è espressione della comunità locale e ,dunque,
palestra di partecipazione e di cittadinanza attiva; 2. si
tratta di una scuola di alta imprenditorialità, in
quanto rendere sostenibile una cooperativa sociale di tipo B, che
inserisce persone svantaggiate al proprio interno, è molto
più difficile che far quadrare i conti di una normale impresa; 3.
la cooperazione sociale costruisce uno spazio di integrazione e
solidarietà sociale; non tutti possono fare gli
imprenditori, le cooperative sociali aprono spazi di lavoro a chi
verrebbe inesorabilmente escluso in un mare di disoccupazione come il
nostro. Ecco perchè la cooperazione sociale di tipo B va
incentivata in ogni modo, fino a sognare che ne nasca almeno una per
ogni comune della Locride.
5.5 - Vanno riattivati o attivati i circoli culturali,
humus della società civile, per riaprire un confronto vivo,
diretto e critico, linfa di una sana vita politica. Non è
possibile continuare a delegare alle ingessate tribune televisive il
confronto di idee e proposte che appartengono ai cittadini in quanto
tali. Nelle scuole vanno proposti percorsi di cittadinanza
attiva ed educazione alla legalità.
5.6 - È urgente educare la nostra gente ad una libera e
responsabile espressione del voto. Bisogna rifiutare
categoricamente il commercio dei pacchetti di voti, trafficati dai
cosiddetti “grandi elettori”, che spesso, non a caso, sono
professionisti, dirigenti o esponenti del pubblico servizio, nella
logica della clientela sopra esaminata
E’ sempre più necessario informarsi bene sui candidati, sui loro
trascorsi, sul loro programma politico, sulle loro “alleanze” nel
territorio, sulla propria qualità professionale. Bisogna
chiedere che i programmi politici indichino espressamente anche
gli strumenti normativi e finanziari che si intendono utilizzare per
realizzare gli obiettivi enunciati. Bisogna pretendere progetti
politici che non siano generiche enunciazioni di principi (che si
assomigliano terribilmente!) ma prevedano precise priorità di
giustizia sociale e circostanziate scelte di politiche di sviluppo.
Dobbiamo rifiutarci di esprimere voti che non siano consapevoli,
quand'anche le indicazioni partissero all'interno della propria
famiglia.
5.7 - Vanno riattivati i comitati, come espressione di
una cittadinanza che si organizza per chiedere qualcosa per il bene
comune. I comitati non sono alternativi ai partiti, ma loro naturale
integrazione e sussidiazione. Preparano la base e, a loro volta, poi,
richiedono l’impegno politico diretto. In particolare i comitati
dovrebbero vigilare e incalzare sul problema drammatico dei trasporti.
5.8 - Pretendiamo un'informazione corretta e non
strumentale. Ma anche noi abituiamoci a scegliere attivamente le
“fonti” della nostra informazione. Leggiamo di più e guardiamo
con senso critico e con minor dispendio di tempo le tv nazionali.
Confrontiamo i diversi punti di vista, cerchiamo periodici, quotidiani,
siti internet di notizie, tra la vastissima offerta di stampa e
informazione alternativa.
5.9 - E' urgente chiedere conto dei fondi mal utilizzati di Agenda
2000 e del POR. Non si tratta tanto della scarsa
utilizzazione dei fondi, o dell'inefficienza, quanto dell'assenza di
una chiara strategia di sviluppo locale che ha condotto a
spendere i soldi per i cosiddetti “progetti sponda” piuttosto che per
finanziare le idee di auto-sviluppo dei Calabresi.
5.10 - Chiediamo alla Pastorale Familiare e alla Catechesi
ordinaria lo sforzo di promuovere tra i laici una cittadinanza
attiva cristiana e incarnata, anche attraverso un'attenta formazione
dei catechisti e degli animatori pastorali, specie nello studio
accurato e sistematico della Dottrina Sociale della Chiesa.
5.11 - La Scuola di Formazione Socio-Politica, come dicevamo,
è un'esperienza veramente ben riuscita. Intendiamo sicuramente
riproporla, prevedendo anche l'approfondimento critico di alcune normative
o do*****enti che influenzeranno profondamente la nostra vita
sociale come la legge “Biagi”, la riforma “Moratti”, lo Statuto
Regionale, ecc. Dovrà caratterizzarsi non solo per il momento
“scolastico” ma divenire anche un forum e laboratorio di
idee dei partecipanti.
5.12 - Infine intendiamo avviare una nuova esperienza di formazione e
animazione che chiameremo “Scuola di Cittadinanza Attiva”, il
primo frutto del rapporto di reciprocità con la Colombia. In
realtà non si tratta di un ennesimo corso di formazione,
bensì di un percorso da proporre ad una Parrocchia, una
contrada, un gruppo giovanile, una scuola superiore, dove alle persone
vengono proposti una serie di strumenti di difesa nonviolenta
contro i soprusi, le sopraffazione e le ingiustizie quotidiane, piccole
e grandi. Si tratta insomma di fornire alla gente, soprattutto a chi
non è tutelato da alcuna appartenenza, gli strumenti
necessari per reagire invece di subire e lamentarsi inutilmente,
assoggettandosi alla fine al notabile di turno.
Le sfide sono indubbiamente tante e veramente difficili, ma ci
sosterrà la passione per un mondo nuovo, dono di Gesù
Risorto, dal quale attingiamo la certezza che alla fine la
giustizia sociale, la solidarietà e il perdono prevarranno su
tutte le trame di peccato dentro e fuori di noi.
Locri, 22 giugno 2004, festa dei martiri Giovanni
Fisher, Vescovo e Tommaso More, laico
La Commissione Giustizia e Pace
L’Istituto di Scienze Religiose
L’Ufficio di Pastorale Sociale e del Lavoro
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